Poste Italiane è la più grande azienda
di servizi del nostro paese, che si qualifica come tale non soltanto per
le sue dimensioni, i suoi asset strategici e i suoi primati produttivi,
ma anche e soprattutto per la sua autentica funzione sociale. Funzione
sociale che costituisce un elemento
imprescindibile di garanzia e sviluppo all’interno del sistema paese e delle relazioni che intercorrono tra Azienda, istituzioni, cittadini, e corpi intermedi. In una parola, tutte le decisioni, politiche e di mercato, che attengono a Poste Italiane attengono anche, inevitabilmente, ai cittadini e alle loro tutela. Per questo, le recenti decisioni, l’una di matrice aziendale attinente alla riorganizzazione del settore PCL, e l’altra di matrice governativa attinente al piano di privatizzazione di Poste, impongono un necessario bilanciamento di interessi tra esigenze di mercato e tutela della funzione sociale dell’Azienda.
imprescindibile di garanzia e sviluppo all’interno del sistema paese e delle relazioni che intercorrono tra Azienda, istituzioni, cittadini, e corpi intermedi. In una parola, tutte le decisioni, politiche e di mercato, che attengono a Poste Italiane attengono anche, inevitabilmente, ai cittadini e alle loro tutela. Per questo, le recenti decisioni, l’una di matrice aziendale attinente alla riorganizzazione del settore PCL, e l’altra di matrice governativa attinente al piano di privatizzazione di Poste, impongono un necessario bilanciamento di interessi tra esigenze di mercato e tutela della funzione sociale dell’Azienda.
Ad imporlo non è solo la ragionevolezza che deve essere
insita in ogni sistema di confronto democratico e di relazioni
industriali ma, ancor prima, il nostro sistema
costituzionale, ove il
riequilibrio tra assetti proprietari, iniziativa economica e funzione
sociale è principio fondamentale di indirizzo. Ed allora, al di là della
teoria, è la concretezza che ci impone, con urgenza, un percorso di
confronto e di approfondimento non più procrastinabile.
E’ la concretezza che oggi ci pone di fronte ad una decisione
governativa che condurrà inevitabilmente alla totale privatizzazione di
Poste italiane.
E’ la concretezza che ci pone di fronte alle criticità forti ed
evidenti, ormai non più confutabili, che la riorganizzazione aziendale
PCL ha provocato sul territorio.
E’ la concretezza che ci mostra ogni giorno le criticità presenti nel
settore MP, criticità che non solo riguardano gli aspetti organizzativi
ma coinvolgono anche aspetti etici/relazionali, quali le
pressioni commerciali.
E se è la concretezza a mostrare ogni giorno le criticità che emergono
con forza dai territori, è adesso giunto il momento di intraprendere un
percorso di confronto e dibattito che sia capace di invertire la rotta.
Tale percorso deve riferirsi innanzitutto al processo di privatizzazione
di Poste Italiane. Un processo che, inevitabilmente, impatta sul
servizio pubblico e sociale svolto dall’Azienda e che con tale principio
si deve misurare. E’ necessario un equilibrio, appositi pesi e
contrappesi, atti a
bilanciare le esigenze di mercato con le esigenze sociali e, per
realizzare questo scopo primario, è necessario un dibattito pubblico che
coinvolga Governo, Azienda e parti sociali.
A fronte di numerosi e
reiterati appelli in tal senso da parte delle Organizzazioni Sindacali,
ad oggi ciò non è ancora avvenuto: le recenti decisioni del Consiglio
Dei Ministri mutano completamente gli assetti proprietari di Poste
Italiane, marginalizzando il controllo pubblico sulla stessa. Su questa
vicenda colpisce l’assenza di dibattito pubblico: il processo di
privatizzazione è andato avanti senza che nel paese si sia aperto un
reale confronto sul futuro di quella che è la più grande infrastruttura
di cui è dotato il nostro sistema produttivo. Sono in gioco migliaia di
posti di lavoro, competenze, tecnologie, 500 miliardi l’anno di risparmi
dei cittadini, la stessa coesione sociale e territoriale del Paese.
Occorre che tutto questo sia di assoluta evidenza pubblica. Non possiamo
non rilevare che, fino ad oggi, la quotazione in borsa di Poste
Italiane è stata – al contrario di quanto il rispetto dei principi
fondamentali sulla socialità del servizio imponeva – la classica
operazione di cassa finalizzata ad abbattere il debito pubblico di
insignificanti decimali attraverso un trasferimento di quote di
proprietà tra gli altri fondi speculativi che, con la storica mission
aziendale e con la sua vocazione sociale, hanno poco o nulla a che fare.
Inoltre lo Stato, cedendo le azioni, incorrerà in una perdita secca ed
irreparabile non incassando più la cedola annuale versata da Poste.
Basti pensare che le dismissioni della prima tranche di azioni ha già
significato una perdita di 157 mln per le casse dello Stato nel 2015.
Noi chiediamo – come lo abbiamo sempre chiesto – il confronto e ad esso
non ci sottrarremo, purché questo avvenga, e avvenga innanzitutto
partendo da tre elementi di garanzia fondamentali:
* La funzione svolta da Poste Italiane per la coesione territoriale e sociale;
* La unitarietà del Gruppo Poste Italiane e la tenuta occupazionale;
* La strategicità degli asset di Poste Italiane per l’economia del
sistema paese che necessitano di governo ed investimenti pubblici.
Siamo di fronte ad una grande sfida che ci impone di ricercare e trovare
soluzioni idonee a garantire equilibrio economico, occupazione e
servizio universale. La realtà economico-sociale è magmatica e muta
senza sosta, ma le risposte a tali mutamenti, per essere efficaci, non
devono circoscriversi in operazioni di cassa bensì devono coinvolgere
più fronti: se mutano gli assetti proprietari dell’azienda che, come
tali, influiscono anche sui rapporti delle relazioni industriali,
va allora ripensata in toto, senza modifiche a senso unico, una nuova
governance aziendale che introduca il sistema duale con la
partecipazione dei lavoratori al governo dell’impresa,
dando applicazione all’art. 46 della Costituzione per l’attuazione del
quale i tempi appaiono finalmente maturi.
Se il processo di privatizzazione non deve dimenticarsi dei principi
generali che devono essere garantiti, le riorganizzazioni aziendali,
come quella di PCL, non devono fare l’errore, spesso compiuto e
reiterato, di arroccarsi su elaborazioni teoriche, compiute a tavolino
consultando dati numerici e software, senza rispondere adeguatamente ai
dati reali provenienti dal territorio, dai lavoratori e dai cittadini.
Ed è proprio dai lavoratori, oberati di giacenze e gravati da
tagli occupazionali privi di programmi di sviluppo a lungo termine, e
dai cittadini, depauperati di un servizio pubblico qual è quello
postale, che giunge il richiamo forte di una protesta non
più ignorabile: l’attuale sistema di riorganizzazione di Poste
Comunicazione e Logistica, sancito con l’accordo del 25 settembre 2015,
non funziona. Non funziona perché non riesce a garantire la socialità
del servizio e i livelli occupazionali che servono per consegnare
adeguatamente la posta senza far saltare in un soffio i perimetri delle
mansioni dei lavoratori, la loro sicurezza e la loro dignità.
L’accordo
del 25 settembre 2015 è stato un tentativo di equilibrare, sulla carta,
esigenze di riorganizzazione aziendale con il diritto dei cittadini a
ricevere la Posta e il diritto dei lavoratori postali a svolgere con
correttezza e serenità il proprio lavoro. E’ stato il primo tentativo di
un lungo percorso soggetto a controlli in itinere e, proprio a seguito
di quei controlli in itinere, dopo aver provato, con senso di
responsabilità, ad attuare quei difficili equilibri, oggi possiamo dire –
superati i margini di sperimentazione – che quel modello di
riorganizzazione è inapplicato e non produce l’efficienza e l’efficacia
prevista e poiché l’inadeguatezza dell’applicazione ormai un dato di
fatto, va riaperto il confronto sull’accordo del 25 settembre 2015.
Infatti gran parte degli elementi di riequilibrio e gli elementi di
sviluppo presenti in quell’accordo – e che allora ci condussero a
quella firma – non sono mai stati attuati.
Completamente inattuato in
particolare il piano di sviluppo previsto il 25 settembre 2015, che
doveva garantire risorse per intercettare un mercato in continuo
mutamento e sempre alla ricerca di nuovi prodotti e servizi, quali la
logistica integrata, la digitalizzazione, l’e-commerce: ampi spazi da
esplorare che regaliamo così ai nostri competitors.
Tutto ciò registra un’intenzione
aziendale ancora tutta tesa ad abbassare soltanto il costo del lavoro
con continui tagli ed efficientamenti che assestano colpi mortali ai
livelli occupazionali, senza mai proporre una seria e concreta
prospettiva di sviluppo per compensare il calo della corrispondenza
tradizionale.
A seguito di questa condizione non è quindi più procrastinabile un nuovo piano di confronto.
Elementi, la tutela del servizio pubblico essenziale e la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, che afferiscono in particolar modo anche alla struttura Mercato Privati. In un divisione aziendale, qual è MP, in costante evoluzione e consolidamento produttivo, occorrono però adeguati interventi atti a salvaguardare la funzione sociale svolta dalla capillarità della rete degli uffici postali ampliandola ulteriormente.
Occorre, infatti, configurare l’ufficio postale in toto quale presidio ed interfaccia tra cittadino e Pubblica Amministrazione, strumento necessario per le sfide proposte dalla digitalizzazione del Paese.
Le recenti impostazioni aziendali, infatti, hanno fatto registrare un’innegabile tendenza a concentrarsi sempre più esclusivamente sui dettami assoluti del Mercato, senza idonei bilanciamenti atti a favorire il rilancio delle aree meno sviluppate rendendo disponibili tecnologie, piattaforme, servizi. Ancora una volta è necessario ricordarsi – e ricordare all’azienda e alle forze politiche- che i mercati e le esigenze di cassa non possono prevalere oltremodo sui diritti sociali dei cittadini e sui diritti individuali dei lavoratori. Peraltro, in merito ai diritti individuali dei lavoratori, MP impone dei ragionamenti specifici e non più rimandabili che coinvolgono le pressioni commerciali, le carenze di personale, lo stress da lavoro correlato: tutti elementi che coesistono per i lavoratori degli uffici postali e che impongono il rispetto dei diritti già esistenti e la promozione di nuove ed esigibili modalità di tutela.
Per tutti questi motivi le OO.SS intendono, da subito e per tutto il mese di luglio, un percorso di mobilitazione, che coinvolga lavoratori e cittadini e che si esplica mediante iniziative unitarie quali assemblee regionali, presidi davanti alle prefetture, assemblee sui posti di lavoro, presidi davanti ai Consigli Regionali, incontri con i gruppi parlamentari, presidi davanti alla Camera e al Senato, incontri con le Commissioni parlamentari.
Subito dopo la pausa estiva, si valuteranno ulteriori iniziative, anche in concomitanza con il dibattito parlamentare sulla privatizzazione, non escludendo l’ipotesi di uno sciopero generale della categoria.
A seguito di questa condizione non è quindi più procrastinabile un nuovo piano di confronto.
Elementi, la tutela del servizio pubblico essenziale e la tutela dei diritti e della dignità dei lavoratori, che afferiscono in particolar modo anche alla struttura Mercato Privati. In un divisione aziendale, qual è MP, in costante evoluzione e consolidamento produttivo, occorrono però adeguati interventi atti a salvaguardare la funzione sociale svolta dalla capillarità della rete degli uffici postali ampliandola ulteriormente.
Occorre, infatti, configurare l’ufficio postale in toto quale presidio ed interfaccia tra cittadino e Pubblica Amministrazione, strumento necessario per le sfide proposte dalla digitalizzazione del Paese.
Le recenti impostazioni aziendali, infatti, hanno fatto registrare un’innegabile tendenza a concentrarsi sempre più esclusivamente sui dettami assoluti del Mercato, senza idonei bilanciamenti atti a favorire il rilancio delle aree meno sviluppate rendendo disponibili tecnologie, piattaforme, servizi. Ancora una volta è necessario ricordarsi – e ricordare all’azienda e alle forze politiche- che i mercati e le esigenze di cassa non possono prevalere oltremodo sui diritti sociali dei cittadini e sui diritti individuali dei lavoratori. Peraltro, in merito ai diritti individuali dei lavoratori, MP impone dei ragionamenti specifici e non più rimandabili che coinvolgono le pressioni commerciali, le carenze di personale, lo stress da lavoro correlato: tutti elementi che coesistono per i lavoratori degli uffici postali e che impongono il rispetto dei diritti già esistenti e la promozione di nuove ed esigibili modalità di tutela.
Per tutti questi motivi le OO.SS intendono, da subito e per tutto il mese di luglio, un percorso di mobilitazione, che coinvolga lavoratori e cittadini e che si esplica mediante iniziative unitarie quali assemblee regionali, presidi davanti alle prefetture, assemblee sui posti di lavoro, presidi davanti ai Consigli Regionali, incontri con i gruppi parlamentari, presidi davanti alla Camera e al Senato, incontri con le Commissioni parlamentari.
Subito dopo la pausa estiva, si valuteranno ulteriori iniziative, anche in concomitanza con il dibattito parlamentare sulla privatizzazione, non escludendo l’ipotesi di uno sciopero generale della categoria.
Scarica il pdf del documento: 16062016 Documento finale Esecutivo unitario – 16 giugno 2016
Fonte: www.slc-cgil.it/
Nessun commento:
Posta un commento
Tutti i commenti saranno pubblicati purché privi di volgarità, offese, denigrazioni o attacchi personali.
I commenti che non rispettano queste regole elementari di buona educazione verranno cancellati.