Nel primo paragrafo sono illustrati i numeri dell’occupazione relativi al secondo trimestre del 2020, il periodo in cui si è concentrata la prima recessione da pandemia: sono individuati i gruppi più colpiti, i settori e le professioni che hanno pagato il prezzo più alto. Nel secondo paragrafo sono presentate le statistiche congiunturali dell’occupazione diffuse dall’Istat per i successivi quattro mesi, i primi segnali tangibili del forte rimbalzo del Pil registrato in quel periodo. Nel terzo paragrafo, sottolineando il carattere aleatorio delle previsioni legato alla recrudescenza del contagio, sono esposte in estrema sintesi le stime sulla produzione e sul lavoro elaborate dal Governo e dalla Commissione Europea. Nel quarto paragrafo vengono riprese le criticità strutturali e le contraddizioni che attraversano il mercato del lavoro e che la pandemia ha messo a nudo, mentre nel quinto sono prospettate le conseguenze che quelle contraddizioni, esasperate dall’emergenza sanitaria, rischiano di produrre sul tessuto connettivo, economico e sociale, del nostro Paese.
Per Fulvio Fammoni, Presidente della Fondazione Di Vittorio: “Oltre al numero di occupati, dei nuovi disoccupati e degli inattivi che conteremo alla fine della pandemia, non bisogna perdere di vista la debolezza cronica del mercato del lavoro in Italia, l’incapacità del sistema economico di attivare, per una percentuale in linea con la media dell’Unione, la forza lavoro residente nel Paese, anche quella nascosta alle statistiche ufficiali”.
Scarica: La ricerca completa – La sintesi – Il commento della segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti
FOnte: Ufficio Stampa Cgil
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